MEMORIA DEI VALORI DEL VENETO
Verso
la metà del cinquecento il Senato della Serenissima
decise di liberalizzare gli investimenti dei Patrizi Veneti
togliendo il vincolo secolare di esclusività del
commercio. Da quel momento molte Famiglie decisero di investire
le grandi ricchezze accumulate nei commerci con l'Oriente
anche nella realizzazione di imprese agricole da amministrare
direttamente.
Nasceva così la villa veneta, una tipologia abitativa
e produttiva assolutamente originale perché rispondeva
nello stesso momento ad esigenze estetiche e funzionali.
Essa recepiva alcuni caratteri morfologici e strutturali
di derivazione romana imperiale (Villa dei Vescovi a Luvigliano
del Fattoretto e Villa Garzoni-Carraretto a Pontecasale
del Sansovino) poi rivisitati sommamente in special modo
dal Palladio.
Se la villa quindi, fatto senza precedenti, assumeva forme
di tempio classico, non dobbiamo tuttavia dimenticare che
nell'età dell'umanesimo il tempio non aveva tanto
un significato religioso, quanto piuttosto la funzione di
marcare una differenza culturale: i segni della classicità
riassumevano un intero sistema di valori antropologici,
etici ed estetici, basati sul sapere ereditato dai greci
e dai romani e riscoperti dagli umanisti.
Ed ecco allora sorgere, accanto al corpo centrale destinato
all'abitazione del signore, le tipiche barchesse, le stalle,
le colombare, le abitazioni per i coloni così come
accanto ai giardini, alle loro elaborate geometrie ed alle
piante rare il brolo ed il frutteto.
Nell'arco di tre secoli varie centinaia di ville furono
edificate nella campagna dell'entroterra Veneto e lungo
i principali corsi d'acqua, ma la nuova concezione socio
economica testimoniata dalla villa veneta si diffuse ovunque,
arrivando anche molto lontano e perfino nel Nuovo Mondo,
nelle grandi piantagioni del Sud degli Stati Uniti d'America.
In questa prima fase della diffusione della villa veneta,
gli aspetti piacevoli della vita a contatto con la natura
rimanevano in secondo piano rispetto alla scelta, tutta
economica, di orientare gli investimenti verso un'agricoltura
di tipo intensivo. Successivamente, e con sempre maggiore
decisione
col passare dei decenni, la villa prese ad assumere principalmente
il carattere di "luogo di delizie" ed anche una
specie di status symbol. La "villeggiatura", cioè
il soggiorno in villa, che tendeva di norma a concentrarsi
in coincidenza con i due principali periodi di raccolto
dell'annata agricola: la mietitura, tra metà giugno
e fine luglio e la vendemmia, dai primi di ottobre a metà
novembre, iniziò ad assumere nel Settecento un carattere
mondano e di distinzione sociale per la ricca borghesia
veneziana, fregiatasi, nel frattempo, anche di titoli nobiliari.
La facciata principale guardava sempre verso il canale,
dove transitava il traffico commerciale e da diporto e per
questo Villa Bon costituisce una rarità in quanto
dotata di una doppia facciata rivolta anche verso il giardino.
Sul canale passava, anche effettuando un vero e proprio
servizio di collegamento quotidiano tra Venezia e Padova,
il Burchiello, un grosso battello ben attrezzato e dotato
di ogni comfort, trainato sulle alzaie da cavalli o buoi.
La Riviera del Brenta, nel contesto delle ville venete,
si presenta come un esempio assolutamente originale; un
elemento isolato ma inserito in un contesto edificato lungo
la doppia viabilità acquea e stradale di collegamento
tra Venezia e Padova, frammista a manufatti di diversa destinazione,
opere idrauliche, mulini, fornaci per la produzione di calce
e di laterizi, fattorie e casoni che più rappresentano
il tipo edilizio che più ricollega quest'area a Venezia.
Nella Dominante ogni edificio ogni luogo parla due lingue
contemporaneamente l'esaltazione della bellezza e dell'armonia
ma anche l'efficienza dell'organizzazione economica. Parchi
collegati alle ville che, nella parte posteriore dell'edificio,
diventavano luogo di svago caratterizzato da essenze rare
e ampi viali che introducevano al brolo e al frutteto. Adiacenze
che diventano esaltazione scenografica della villa ma anche
accorto e lungimirante controllo delle attività agricole.
Se la perdita di una villa, di una chiesa, di un palazzo
può essere molto grave perché a seconda dell'importanza
di quel manufatto si è impoverito il nostro patrimonio
culturale, la perdita di un paesaggio, della rappresentazione
socio-economico-territoriale finisce per essere la perdita
maggiore, non solo perché è più complessa
ma perché, a causa della frammentazione territoriale
e nel consequenziale cambio di destinazione d'uso non è
più ripristinabile e, quindi, definitivamente ed
irrimediabilmente perduto.
Gli insediamenti residenziali lungo il Brenta sono, dunque,
urbanistica e storia: si tratta di urbanistica in quanto
studio sull'organizzazione razionale del territorio, è
storia in quanto l'urbanizzazione deriva essenzialmente
dalle motivazioni economico sociali.
F.C.
VILLA BON
Posta
sulla Riva destra del naviglio Brenta, a mezzavia tra la
Serenissima e Padova, questo edificio di pianta cinquecentesca
presenta due facciate, ambedue fruibili con rimandi reciproci.
A costo di infrangere la consuetudine che voleva la facciata
principale rivolta al fiume fu scelto di offrire all'ampio
giardino il lato più importante della casa ciò
nonostante quella lungo il corso d'acqua è marcata
da lesene bugnate che ricompaiono al piano terreno della
facciata che volge sul parco ed adornate con timpani triangolari
di coronamento adottati su entrambe i prospetti.
L'aggiunta dell'ala a mezzogiorno è frutto di un
rastauro ottocentesco.
All'interno, sulle pareti del corridoio che si allunga sulla
destra del salone d`ingresso sono conservate delle figurazioni
in chiaroscuro di grigio rappresententanti le quattro stagioni,
attribuite al Gian Domenico Tiepolo (Venezia 1727 - 1804)
per impiano, gusto e segno (Fiocco, 1968) fatto risalire
alla coincidente presenza presso Villa Contarini dei Leoni
del Gian Battista Tiepolo. Altri studiosi, come il Prof.
Tiozzo ritengono essere opera del padovano Costantino Cedini
(1741-1811) autore degli affreschi che decorano l'interno
della chiesa di Noventa Padovana (Pd).
Di stile neoclassico sono invece le mezzelune e i sopraporta
con "Amorini" a chiaroscuro attribuite a Giovanni
Carlo Bevilaqua (1775-1849) ed un marmo imponente ad adornare
una scala a doppie rampe che conducono al primo piano.
Tutte le stanze, impreziosite con stucchie policromi e pitture
di marmorino, rispettano la classica disposizione del palazzo
veneziano con salone centrale e quattro vani simmetricamente
disposti due per lato.
Splendida la cucina che conserva l'impianto originario con
una grande stanza percorsa nella sua lunghezza da un tavolo
da lavoro, un ampio focolare e separati il secchiaio e la
stanza adibita a dipensa.
Al centro dell'ala dediacata ad adiacenze trova spazio la
stalla per i cavalli contraddistinta da un alto portale
che consentiva l'ingresso in sella e la stalla con mangiatoia
in marmo.
Il parco d'impronta romantica della estensione di circa
un ettaro, delimitato a nord dal naviglio ed a sud dalla
Seriola, si ritiene sia di fondazione ottocentesca anche
se si può evidenziare la presenza di piante pluri
centenarie tra le quali una "Cicas Revoluta" di
oltre centocinquanta anni.
Il parco naturalistico è percorso da vialetti in
ghiaino e terra battuta contornati da bordure di convallaria
(Ophiapogan japonicus) e da collinette che rendono armonica
e magica l'atmosfera.
Ad ovest si trovano il vigneto di pianta rettangolare e
l'orto per la coltivazione di fiori e vegetali nel quale
è calcolata la limonera, un edificio adibito a serra
utilizzato per il ricovero invernale delle piante di limone
che decorano il parco nel periodo estivo. Una porzione della
limonera è separata dal locale più vasto e
con l'ausilio di una stufa posizionata a centro stanza è
adibita a serra calda per le piante di origine tropicale.
Da inizi del 1900 appartiene alla medesima famiglia.
DOCUMENTI
(Tratta da Alessandro
Baldan, Storia della Riviera del Brenta, Volume III, Francisci
Editore, Abano Terme (Pd), 1988)
1723 - Trsl 1350. cecilia Contarini consorte
di Piero BON di Giacomo subentra nella proprietà
a Filippo BON con orto e brolo per uso.
1740 - Cond. 252 R° 412 e b. 327 Giacomo Bon fu M. Filippo
Pr: casa con broletto e pertinentie alla Mira verso il taglio
affittato al figlio per ducati 48.
1745 - 2 ottobre. Trsl 1313 c. 161 Pietro Bon fu Giacomo
fu Filippo succede a Cecilia Contarini consorte di Piero
Bon nella proprietà di una casa con adiacenze per
uso.
1779 - 30 settembre. Trsl Fideicommisso Scipion Bon qd Ottavian
e Jacomo Correr Pr: casa ecc. affittata a Filippo Bon per
ducati 48.
1782 - 25 agosto. Trsl. 1327 c. 44 diventa proprietà
di Girolamo I Fini fu Girolamo quanto descritto nella cond.
252 del 1740.
1797 - 10 maggio. Trsl 1341 c. 50 pssa a Z.B. e Marco Fratelli
Capellis 1808 - Catasto Napoleonico - Sommarione 38 - Località
Mira Gambarare
BIBLIOGRAFIA
Baldan Alessandro, Storia della
Riviera del Brenta, Volume III, Francisci Editore, Abano
Terme (Pd), 1988
Bassi E., Le Ville delle provincia di Venezia, pag.
336, Rusconi Editore, 1987
Coronelli V., La Brenta quasi Borgo della città
di Venezia luogo di delizie dei veneti patrizi, Venezia,
1709
Costa G.F., Delle delicie del fiume brenta
Venezia
1750-56
Mazzotti G., Le Ville Venete, pag. 122, Canova, 1954
Scarpari G., Le Ville Venete, pag. 62-66, Newton
Compton, Roma, 1980
Tiozzo G., Le Ville del Brenta, pag. 192, cavallino
1977
Volkamer J.C., Continuation der Nurbergishen Hesperidum,
pag. 62, Norimberga, 1714
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